mercoledì, agosto 03, 2005

Ender's game - Orson Scott Card

AutoreOrson Scott Card
TitoloEnder's game
Titolo ItalianoIl gioco di Ender
Anno1977
GiudizioBello, a tratti poco scorrevole ma Bello.

Questa storia incomincia un mesetto fa con la fine della serie televisiva Star Trek: Enterprise. In tale occasione Scott Card rilasciò un'antipatica intervista in cui stracciava Star Trek in toto, definendolo "bambinesca" ed augurandosi che la fine di ST portasse finalmente un pò di "fantascienza adulta" in televisione. Vi rimando al Corriere della Fantascienza per i dettagli.

Devo dire che la cosa mi ha abbastanza impressionato. Le opinioni di un'autore del calibro di quello in oggetto non possono essere trascurate. Tra l'altro sentirgli definire Buffy l'esempio di quello che intende per fantascienza adulta mi ha decisamente disturbato. Non voglio difendere Enterprise (per fortuna è finita) ne parlar male di Buffy se non per dire che la prima stagione mi ha annoiato mortalmente (mi dicono che sia decisamente migliorato in seguito ma non ho avuto ne la voglia ne il tempo di scoprirlo).

Non mi è rimasto altro da fare che andare a cercare quello che è considerato il capolavoro di Orson Scott Card e cercare di capire da quello cosa intendesse con "fantascienza adulta". Ironia della sorte, il romanzo capolavoro di Scott Card ha per protagonista un bambinetto di sei anni, un genietto sovra-umano che farebbe impallidire persino Harry Potter.

In particolare il Gioco di Ender è il primo romanzo di un ciclo di cinque. Specifico subito che è si tratta di un ciclo alla vecchia maniera dove ogni romanzo è scritto con l'intenzione di portare alla conclusione la storia. Non si tratta di uno di quei lunghissimi romanzi moderni che solo per non spaventare i lettori vengono spezzati in enne parti e venduti come un ciclo. Mi ero dimenticato di quanto fosse bello avere a che fare con scrittori capaci di scrivere un romanzo completo in meno di 400 pagine.

La trama è semplice: l'umanità è riuscita a scampare solo per un pelo alla distruzione da parte di una razza aliena, gli scorpioni, ma la guerra non è ancora finita. Spinti dalla disperata necessità di essere pronti al prossimo attacco degli alieni, i militari setacciano il pianeta alla ricerca di bambini da trasformare in abilissimi strateghi. Ogni anno alcune decine di bambini di sei anni viene sottratto alla propria famiglia e sottoposto ad un disumanizzante addestramento. Nessuno di questi bambini è mai stato promettente come Andrew Wiggin detto Ender.

In effetti il romanzo mi è piaciuto, è molto ben costruito, ogni parte è giustificata ed intrecciata con le altre. La cura con cui sono tratteggiate le personalità di Ender, Bean, del colonnello Graff è estrema. D'altro canto il romanzo si basa sulla descrizione dei cambiamenti che avvengono in Ender, è la storia della sua evoluzione, di come si possa infierire, manipolare, soggiogare e spingere all'estremo un bambino dotato per tirarne fuori lo stratega supremo. Se fosse stato trascurato l'aspetto psicologico, questo romanzo non sarebbe valso la carta su cui è scritto.

Evidentemente Scott Card è una di quelle persone convinte che il fine giustifichi i mezzi. Questo è uno di quei romanzi in cui tutto è pervaso da un "Grande Scopo". L'aria, il sudore, la sofferenza, tutto è giustificato dall'assoluta Necessità della guerra, della sopravvivenza della specie umana. Ognuno dei personaggi è spinto dalla Necessità a partire dal colonnello Graff (lo psichiatra/aguzzino, quasi suo malgrado, di Ender) fino ad arrivare al piccolo Bean (il più piccolo e precoce dei compagni di Ender che sa di non poter inquinare il rapporto superiore/subordinato che lo lega ad Ender diventando suo amico).

Non c'è nulla da fare. Io sono noto per apprezzare particolarmente le storie in cui i protagonisti fanno quello che deve essere fatto tra lacrime e sudore, sono il mio punto debole. Questo romanzo ha colpito il bersaglio in pieno.

Non che sia tutto perfetto in questo romanzo. Sia chiaro che un genietto in famiglia va bene ma tre sono troppi. Questo dar ad intendere che sia la genetica a fare il genio e non il sudore impoverisce notevolmente il romanzo, lasciando uno strano retrogusto di prederminazione nel lettore.

C'è un ultimo appunto che devo fare. Il finale del romanzo vorrebbe essere di apertura ed empatia per il diverso, per l'alieno. Alla fine quei valori che Ender vorrebbe portare all'umanità sono quegli stessi valori di fratellanza e comprensione reciproca che la Flotta Stellare di Star Trek ha rappresentato per milioni di spettatori.

LLP, Andrea

P.S. A volte riesco a sorprendere persino me stesso. Mentre scrivo di "Fantascienza Adulta" e disquisisco di sofferenza e impegno, cosa credete che stia ascoltando? Quale musica ispira le mie parole? Mimi e le ragazze della pallavolo, l'ape Maia ed altre sigle di cartoni scelte a caso. Il mio subconscio è più intelligente di quello che credessi.

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