Autore | Luigi Pulvirenti, con la collaborazione di Maria Rita Parsi |
Titolo | Il cervello dipendente - un intervista di Maria Rita Parsi |
Titolo Italiano | |
Anno | 2007 |
Giudizio | **** (ne più - ne meno) |
Tra le innumerevoli ipotesi che si sono fatte per la spiegazione
delle funzioni cerebrali e della connessa fenomenologia il lavoro
di Pulvirenti spicca per la pulizia fenomenologica e la chiarezza
espositiva, oltre al fatto che gran parte del discorso ha per
fondamento una base sperimentale nei dati dedotti da
esperimenti concreti come la PES. La finezza raggiunta da
tali esperimenti con l'analisi di nuclei anche molto piccoli
giustifica il prudente entusiasmo dell'autore per i risultati
raggiunti.
All'atto pratico l'instaurarsi delle dipendenze è spiegato
con un processo che parte dalla chimica per diventare
morfologico: i circuiti attivati non si spengono più e
continuano a generare dipendenza. In un ottica più
generale questa potrebbe essere anche una spiegazione
di altri processi cerebrali come il riconoscimento di un
parente prossimo che stimola un reward positivo o
come spiegato anche da Pulvirenti avere un legame,
anche se più debole, con certe patologie ossessive.
Meccanismi simili di "rewardship" potrebbero essere
fondamentali anche per la generazione di stati coscienti
(auto-riconoscimento) e gestione degli stati cerebrali
nel corso del tempo. Come sappiamo l'importante
legame tra cognizione e emozione scoperto negli
ultimi venti anni adesso potrebbe avere una base
chimica nel puntamento delle vie neuronali tra i vari
centri cerebrali deputati.
Da un punto di vista delle pure dipendenze il libro
sposta l'attenzione dalla vecchia idea delle crisi di astinenza
al craving (a powerful desire recita l'Oxford), inteso come
costante nervosa ricerca della soddisfazione della
dipendenza che diviene l'attività dominante e assolutista
dell'individuo dipendente. Concetto anche questo, in
misura meno ossessiva, espandibile ad altre attività umane
come la ricerca del cibo (e quindi anche le sue complesse
implicazioni e dipendenze come parassiti del glucosio).
Per la prima volta inoltre sono spiegate e analizzate le
dipendenze non chimiche come quella dell'esercizio
fisico e del gioco d'azzardo, con un meccanismo di "reward"
analogo, sebbene meno potente, di quello chimico.
Il mismatch, o disadattamento, evolutivo che secondo l'autore
porta alle dipendenze, peraltro forse riscontrabile anche in altri
animali sociali (vien subito da pensare al craving
delle formiche per lo zucchero degli afidi) comporta
la perdita di identità e relazioni sociali che vengono
distrutte. Se non curata questa deriva può essere dannosa
per un intera popolazione (pensiamo solo, ad esempio, al
devastante effetto dell'alcool sulle popolazioni amerindie)
e nei casi più gravi per l'intera specie.
Ma possiamo evitarlo ?
Forse no, forse sì. Nel primo caso non dovremmo invocare
cause innaturali, ma semplicemente la nostra incapacità di
disobbedire ai nostri geni stavolta molto poco egoisti e
alquanto stupidi. Nel secondo caso dovremo dire grazie una
volta di più alla scienza ed in generale all'evoluzione culturale
e non genetica dell'uomo quella che definiamo a volte con
spregio educazione.
Certo il libro intervista non è il meglio per una spiegazione
ampia e dettagliata, però semplifica molto le cose come una
sorta di FAQ estesa. La Parsi si attiene o è costretta dall'intervistato
ad un discorso strettamente scientifico a differenza di altri suoi per
la verità infelici esiti (penso al confuso libretto SOS Pedofilia anche
questo scritto in collaborazione con un altro scrittore non scienziato
però).