venerdì, maggio 16, 2008

Il cervello dipendente - Luigi Pulvirenti

Autore Luigi Pulvirenti, con la collaborazione di Maria Rita Parsi
TitoloIl cervello dipendente - un intervista di Maria Rita Parsi
Titolo Italiano
Anno2007
Giudizio**** (ne più - ne meno)

Tra le innumerevoli ipotesi che si sono fatte per la spiegazione

delle funzioni cerebrali e della connessa fenomenologia il lavoro

di Pulvirenti spicca per la pulizia fenomenologica e la chiarezza

espositiva, oltre al fatto che gran parte del discorso ha per

fondamento una base sperimentale nei dati dedotti da

esperimenti concreti come la PES. La finezza raggiunta da

tali esperimenti con l'analisi di nuclei anche molto piccoli

giustifica il prudente entusiasmo dell'autore per i risultati

raggiunti.


All'atto pratico l'instaurarsi delle dipendenze è spiegato

con un processo che parte dalla chimica per diventare

morfologico: i circuiti attivati non si spengono più e

continuano a generare dipendenza. In un ottica più

generale questa potrebbe essere anche una spiegazione

di altri processi cerebrali come il riconoscimento di un

parente prossimo che stimola un reward positivo o

come spiegato anche da Pulvirenti avere un legame,

anche se più debole, con certe patologie ossessive.


Meccanismi simili di "rewardship" potrebbero essere

fondamentali anche per la generazione di stati coscienti

(auto-riconoscimento) e gestione degli stati cerebrali

nel corso del tempo. Come sappiamo l'importante

legame tra cognizione e emozione scoperto negli

ultimi venti anni adesso potrebbe avere una base

chimica nel puntamento delle vie neuronali tra i vari

centri cerebrali deputati.


Da un punto di vista delle pure dipendenze il libro

sposta l'attenzione dalla vecchia idea delle crisi di astinenza

al craving (a powerful desire recita l'Oxford), inteso come

costante nervosa ricerca della soddisfazione della

dipendenza che diviene l'attività dominante e assolutista

dell'individuo dipendente. Concetto anche questo, in

misura meno ossessiva, espandibile ad altre attività umane

come la ricerca del cibo (e quindi anche le sue complesse

implicazioni e dipendenze come parassiti del glucosio).

Per la prima volta inoltre sono spiegate e analizzate le

dipendenze non chimiche come quella dell'esercizio

fisico e del gioco d'azzardo, con un meccanismo di "reward"

analogo, sebbene meno potente, di quello chimico.


Il mismatch, o disadattamento, evolutivo che secondo l'autore

porta alle dipendenze, peraltro forse riscontrabile anche in altri

animali sociali (vien subito da pensare al craving

delle formiche per lo zucchero degli afidi) comporta

la perdita di identità e relazioni sociali che vengono

distrutte. Se non curata questa deriva può essere dannosa

per un intera popolazione (pensiamo solo, ad esempio, al

devastante effetto dell'alcool sulle popolazioni amerindie)

e nei casi più gravi per l'intera specie.


Ma possiamo evitarlo ?


Forse no, forse sì. Nel primo caso non dovremmo invocare

cause innaturali, ma semplicemente la nostra incapacità di

disobbedire ai nostri geni stavolta molto poco egoisti e

alquanto stupidi. Nel secondo caso dovremo dire grazie una

volta di più alla scienza ed in generale all'evoluzione culturale

e non genetica dell'uomo quella che definiamo a volte con

spregio educazione.


Certo il libro intervista non è il meglio per una spiegazione

ampia e dettagliata, però semplifica molto le cose come una

sorta di FAQ estesa. La Parsi si attiene o è costretta dall'intervistato

ad un discorso strettamente scientifico a differenza di altri suoi per

la verità infelici esiti (penso al confuso libretto SOS Pedofilia anche

questo scritto in collaborazione con un altro scrittore non scienziato

però).