venerdì, agosto 26, 2005

American Gods - Neil Gaiman

AutoreNeil Gaiman
TitoloAmerican Gods
Titolo ItalianoAmerican Gods
Anno2001
GiudizioMolto Buono: originale, avvincente, visionario.


La prima cosa che mi sono chiesto appena letto il titolo è stata: Perchè uno scrittore di origine inglese dovrebbe cimentarsi con le Divinità americane? Considerando infatti l'enorme flusso di immigrazione che c'e' stato verso gli States, non solo agli inizi del secolo scorso, il numero dei culti praticati e quindi delle divinità presenti era ed è enorme, poi si legge che “l’America non è un buon posto per gli dei…”… e ci si ritrova letteralmente in una tempesta di episodi rocamboleschi e di personaggi usciti da un quadro di Escher dove si trova sempre difficoltà a trovare il sopra ed il sotto, ma si rimane comunque affascinati dalla visione glodale.

Tutto il libro si fonda su un'idea che ho trovato letteralmente straordinaria da utilizzare in un racconto fantasy. Cosa accadrebbe ad un Dio per il quale maggiore è il numero dei suoi adoratori, maggiore è la sua potenza, se il suo culto venisse quasi del tutto dimenticato ed al suo posto prendessero piede nuove "divinità" come il Denaro o la TV (si, proprio la tanto venerata Televisione dei nostri giorni)? Le risposte posso essere molteplici e Gaiman ne presenta davvero tante.

Il protagonista è un omone di nome Shadow, uscito di prigione da qualche giorno, e che dopo aver perso ogni legame con la sua vita precedente, viene ingaggiato come guardia del corpo da un vecchio di nome Wednesday, che gli chiede di accompagnarlo in un suo viaggio di affari, che lo porterà ad incontrare molti "strani" personaggi…ma non vi dico altro…

Lo stile utilizzato per raccontare tutte le vicende del racconto è intenso, crudo e fluente.
Il libro è scritto con una meticolosità quasi raccapricciante. Dopo aver letto l'ultima riga ci si rende conto che nessuna parola è stata scritta a caso, e che ogni accenno ai diversi protagonisti è curato in maniera quasi maniacale; gli accenni ai personaggi/divinità "minori", sono molto più che semplici accenni, sono dei veri e propri capolavori di originalità e pazzia creativa; il caso di Anubis che dirigere un agenzia di pompe funebri, non è che uno degli esempi.
Una delle cose che si notano leggendo il racconto e che mi hanno parecchio incuriosito è stata l'assoluta mancanza di qualsiasi accenno alle divinità del pantheon greco, ed un piccolissimo richiamo alla religione Cristina; l’unico accenno a quest’ultima l’ho ritrovato quando si nel libro uno dei personaggi parla di “quel fortunato figlio di una vergine"
La cosa inoltre che più mi ha divertito è stata quella di trovare indizi sulle diverse figure che attraversano la strada di Shadow, disseminati in tutte le pagine del libro, senza che questi stridessero minimamente con la narrazzione, sempre molto fluida ed avvincente, e che si possa capire quale sia il disegno globale, quale potrebbe essere il climax che si raggiunge nelle ultime pagine. Perdonatemi l'accenno, ma non riesco davvero a resistere: vi siete chiesti perché l'altra figura portante della storia, un vecchio con un occhio di vetro, presenta se stesso come Wednesday, dicendo che essendo il Mercoledi il suo giorno è il nome più adatto a lui?

Il finale: è originale, anche se come vi dicevo, se seguite meticolosamente “le molliche di pane” lasciate lungo la trama potrete riuscire a capire dove Gaiman ci vuole condurre arrivati a circa metà del racconto.
A questo punto non posso che augurarvi buona lettura di una visione onirica ed originale del mondo che ci circonda.
P.D.G.

giovedì, agosto 04, 2005

Premi e Punizioni - Piero Angela

AutorePiero Angela
TitoloPremi e Punizioni. Alla ricerca della felicità.
Anno2000
GiudizioSemplice ed adatto a tutti. Una piacevole lettura da bagno od ombrellone.

Ogni tanto trovo il tempo di leggere anche qualche saggio. I romanzi riesco a leggerli anche frammentati, rubando un minuto in pullman ed uno mentre cucino. I saggi richiedono tempo libero ed attenzione, merce rarissima oramai. Un vero peccato.

In questo testo Piero Angela introduce il lettore ad uno dei modelli "classici" del funzionamento del cervello: quello basato su premi e punizioni. Il cervello viene presentato come una macchina che impara ad associare a determinati stimolo sensazioni piacevoli o spiacevoli e quindi comincia ad orientare le proprie decisioni allo scopo di acquisire i premi ed evitare le punizioni. Ovviamente, l'ipersemplificazione di questa descrizione non rende giustizia all'argomento.

Il libro è scritto molto bene, è semplice, descrittivo, molto graduale nelle spiegazioni. Inoltre la struttura a brevissimi capitoletti aiuta il lettore che ha poco tempo o poco allenamento nella lettura. Perfetto per introdurre chiunque all'argomento, persino un bambino delle medie.

Per essere completamente onesto, devo dire che la prima parte mi ha annoiato mortalmente. La colpa però è mia, non del libro. Il libro è scritto per essere elementare e, perdonate l'immodestia, avevo letto materiale molto più complesso di questo sull'argomento.

Invece la seconda parte mi ha solleticato molto. In essa, Angela tenta di applicare lo schema premi/punizioni alla società e non più al singolo. Ne nascono molti interessanti spunti su come, ad esempio, rendere efficace il sistema legislativo di uno stato. A rendere ancora più interessante l'argomento è il fatto che il libro è calato specificamente nella realtà italiana.

Raccomando questo libro a chiunque non conosca l'argomento ed aggiungo, per quelli che invece lo conoscano, che la seconda parte vale la pena d'essere letta.

LLP, Andrea

P.S. Finalmente si avvicinano le vacanze estive, due settimane di caos e scarso tempo per leggere e scrivere recensioni.

P.P.S. Sia chiaro che la definizione "lettura da bagno" non ha nulla di negativo. Per molti, me compreso, il bagno è uno dei pochi posti dove leggere e pensare in pace.

mercoledì, agosto 03, 2005

Ender's game - Orson Scott Card

AutoreOrson Scott Card
TitoloEnder's game
Titolo ItalianoIl gioco di Ender
Anno1977
GiudizioBello, a tratti poco scorrevole ma Bello.

Questa storia incomincia un mesetto fa con la fine della serie televisiva Star Trek: Enterprise. In tale occasione Scott Card rilasciò un'antipatica intervista in cui stracciava Star Trek in toto, definendolo "bambinesca" ed augurandosi che la fine di ST portasse finalmente un pò di "fantascienza adulta" in televisione. Vi rimando al Corriere della Fantascienza per i dettagli.

Devo dire che la cosa mi ha abbastanza impressionato. Le opinioni di un'autore del calibro di quello in oggetto non possono essere trascurate. Tra l'altro sentirgli definire Buffy l'esempio di quello che intende per fantascienza adulta mi ha decisamente disturbato. Non voglio difendere Enterprise (per fortuna è finita) ne parlar male di Buffy se non per dire che la prima stagione mi ha annoiato mortalmente (mi dicono che sia decisamente migliorato in seguito ma non ho avuto ne la voglia ne il tempo di scoprirlo).

Non mi è rimasto altro da fare che andare a cercare quello che è considerato il capolavoro di Orson Scott Card e cercare di capire da quello cosa intendesse con "fantascienza adulta". Ironia della sorte, il romanzo capolavoro di Scott Card ha per protagonista un bambinetto di sei anni, un genietto sovra-umano che farebbe impallidire persino Harry Potter.

In particolare il Gioco di Ender è il primo romanzo di un ciclo di cinque. Specifico subito che è si tratta di un ciclo alla vecchia maniera dove ogni romanzo è scritto con l'intenzione di portare alla conclusione la storia. Non si tratta di uno di quei lunghissimi romanzi moderni che solo per non spaventare i lettori vengono spezzati in enne parti e venduti come un ciclo. Mi ero dimenticato di quanto fosse bello avere a che fare con scrittori capaci di scrivere un romanzo completo in meno di 400 pagine.

La trama è semplice: l'umanità è riuscita a scampare solo per un pelo alla distruzione da parte di una razza aliena, gli scorpioni, ma la guerra non è ancora finita. Spinti dalla disperata necessità di essere pronti al prossimo attacco degli alieni, i militari setacciano il pianeta alla ricerca di bambini da trasformare in abilissimi strateghi. Ogni anno alcune decine di bambini di sei anni viene sottratto alla propria famiglia e sottoposto ad un disumanizzante addestramento. Nessuno di questi bambini è mai stato promettente come Andrew Wiggin detto Ender.

In effetti il romanzo mi è piaciuto, è molto ben costruito, ogni parte è giustificata ed intrecciata con le altre. La cura con cui sono tratteggiate le personalità di Ender, Bean, del colonnello Graff è estrema. D'altro canto il romanzo si basa sulla descrizione dei cambiamenti che avvengono in Ender, è la storia della sua evoluzione, di come si possa infierire, manipolare, soggiogare e spingere all'estremo un bambino dotato per tirarne fuori lo stratega supremo. Se fosse stato trascurato l'aspetto psicologico, questo romanzo non sarebbe valso la carta su cui è scritto.

Evidentemente Scott Card è una di quelle persone convinte che il fine giustifichi i mezzi. Questo è uno di quei romanzi in cui tutto è pervaso da un "Grande Scopo". L'aria, il sudore, la sofferenza, tutto è giustificato dall'assoluta Necessità della guerra, della sopravvivenza della specie umana. Ognuno dei personaggi è spinto dalla Necessità a partire dal colonnello Graff (lo psichiatra/aguzzino, quasi suo malgrado, di Ender) fino ad arrivare al piccolo Bean (il più piccolo e precoce dei compagni di Ender che sa di non poter inquinare il rapporto superiore/subordinato che lo lega ad Ender diventando suo amico).

Non c'è nulla da fare. Io sono noto per apprezzare particolarmente le storie in cui i protagonisti fanno quello che deve essere fatto tra lacrime e sudore, sono il mio punto debole. Questo romanzo ha colpito il bersaglio in pieno.

Non che sia tutto perfetto in questo romanzo. Sia chiaro che un genietto in famiglia va bene ma tre sono troppi. Questo dar ad intendere che sia la genetica a fare il genio e non il sudore impoverisce notevolmente il romanzo, lasciando uno strano retrogusto di prederminazione nel lettore.

C'è un ultimo appunto che devo fare. Il finale del romanzo vorrebbe essere di apertura ed empatia per il diverso, per l'alieno. Alla fine quei valori che Ender vorrebbe portare all'umanità sono quegli stessi valori di fratellanza e comprensione reciproca che la Flotta Stellare di Star Trek ha rappresentato per milioni di spettatori.

LLP, Andrea

P.S. A volte riesco a sorprendere persino me stesso. Mentre scrivo di "Fantascienza Adulta" e disquisisco di sofferenza e impegno, cosa credete che stia ascoltando? Quale musica ispira le mie parole? Mimi e le ragazze della pallavolo, l'ape Maia ed altre sigle di cartoni scelte a caso. Il mio subconscio è più intelligente di quello che credessi.