mercoledì, ottobre 12, 2005

Au bonheur des ogres - Daniel Pennac

AutoreDaniel Pennac
TitoloAu bonheur des ogres
Titolo ItalianoIl paradiso degli orchi
Anno1985
GiudizioBuono - Ironico, delizioso e pungente


Un racconto non lineare, questo è certo, almeno finché non si accetta di farsi guidare per mano da Pennac, in questo suo mondo caotico, frequentato da Orchinatale, cani epilettici, ragazzine sensitive e bambini che usano il metodo galileano per confutare un’ipotesi, donne che sono "pantere" ed ispettori di polizia che sono "Napoleone". E poi, Fratelli, o meglio fratellastri maggiori, che hanno contemporaneamente il ruolo di padre e di madre, quella vera è "una fuggitiva" nel senso francese del termine. Il tutto servito in una carambola di situazioni al limite del paradosso in una rocambolesca Belville di qualche anno fa, prima che diventasse la Belville, Bobo, di oggi, dove francesi, arabi, senegalesi, cinesi, convivono, tutti meticci e variamente incrociati in quell'atmosfera affascinante e misteriosa che poche altre città oltre Parigi, riescono ad evocare.

Il racconto vorrebbe essere un thriller, o se preferite un poliziesco usando un termine un po’ retrò, ma Pennac riesce a dargli una impronta tutta sua, come se narrasse fatti reali, vivi, ricchi di autentica e condivisa emozione e che grazie ad ogni nuovo particolare, lascia che il lettore abbia la sensazione di capire finalmente cosa stia succedendo in questo strano mondo e a dargli ordine. Altra caratteristica di Pennac, l'"Ordine" deve essere abolito. In questo primo racconto (ho dimenticato di dirvi che è il primo di una serie) ogni volta che si ha la sensazione di aver finalmente trovato il bandolo della matassa che lo scrittore ha sapientemente ingarbugliato a nostro uso e consumo, si viene immediatamente ed invariabilmente smentiti!

Il tutto parte da una serie di bombe in un grande magazzino, in cui il protagonista, Malaussène lavora. Lui fa il "Capro Espiatorio". Ogni qual volta, un cliente si presenta all'Ufficio Reclami (potenziale elemento di disordine!), Benjamin Malaussène viene trascinato davanti a lui, indicato come il solo responsabile del danno riscontrato e licenziato in tronco. Il suo compito è quello di piangere, di commuovere l'acquirente, così da convincerlo a ritirare il reclamo. Un Capro Espiatorio che si fa carico di riportare l'ordine in un evento che altrimenti causerebbe disordine...e proprio per questo, Pennac gli scaglia contro tutta una serie di personaggi e di eventi strambi e melodrammatici.
Compito del nostro "Capro Espiatorio" è cercare di riportare l'ordine incastrando il "bombarolo" non perché sia uno spirito nobile ma per salvare se stesso, che essendo un capro espiatorio (nel lavoro come nella vita) il destino lo ha designato come il maggiore indiziato della serie di attentati dinamitardi...o almeno così Pennac inizia a farci credere.

Il finale è originale, anche se non è certo quello il maggior punto di forza del racconto. I rapporti tra i diversi "attori in campo" sono delineati con una delicatezza ed una tale spietata precisione che si rimane subito avvinti da ognuna delle diverse vicende che li toccano, siano questi ultimi, vittime, carnefici od entrambi allo stesso tempo. Nel mondo di Pennac, proprio come nella realtà, nessuno è senza macchia .

Un opera che certamente consiglio di leggere a chiunque non conosca ancora lo stile originale di monsieur Pennac.

Si dice che Pennac o lo si ama o lo si odia...io ho trovato da che parte schierarmi...voi?
P.D.G.

lunedì, ottobre 03, 2005

The Chronicles of Narnia - C.S. Lewis

AutoreC.S. Lewis
TitoloThe Chronicles of Narnia
Titolo ItalianoLe Cronache di Narnia
Anno1950 - 1956
GiudizioBelli, scorrevoli, peccato che siano tanto chiaramente cattolici.

Le cronache di Narnia sono un ciclo di ben sette romanzi che tipicamente vengono venduti raccolti in tre volumi (3+2+2). Sono dell'opinione che recensire assieme un intero ciclo di romanzi cosi indipendenti tra loro sia una barbarie ma il tempo è tiranno e non vedo come evitarlo quindi lo farò lo stesso (che qualcuno abbia pietà della mia anima).

A questo punto della recensione, devo confessare la mia colpa. Erano anni che mi ripromettevo di leggere il ciclo ma se la Disney non avesse deciso di produrre una trilogia di film su Narnia probabilmente non mi sarei mai deciso. In particolare, "The Lion, the Witch and the Wardrobe" da cui la Disney ha tratto il primo film è il secondo romanzo del ciclo.

Ovviamente quello che lega tra di loro tutte le storie sono il fatto che esse siano ambientate a Narnia ed il fatto che i bambini terrestri che visitano questo mondo fiabesco siano di volta in volta chiamati a compiere una qualche "missione" per la salvezza di quel mondo da Aslan, il leone creatore di Narnia.

Mano a mano che i bambini crescono vengono sostituiti (tra un romanzo e l'altro) dai quelli che nell'avventura precedente erano i bambini più piccoli del gruppo e che nel frattempo sono divenuti un po' più grandicelli ed in grado di "badare" ad i nuovi "piccoli" del gruppo. In realtà di solito è la più piccola del gruppo ad essere la più determinata e pura nel suo amore per Aslan, cosa che la mette in grado di salvare la giornata. Beata l'innocenza dei bambini (citazione cattolica assolutamente non casuale).

Il ciclo è destinato nella sua dichiarazione e nella forma ad un pubblico di bambini ma intenzione dell'autore di scrivere per gli adulti è abbastanza evidente. Mentre Tolkien ha iniziato a scrivere il Signore degli anelli per i suoi nipoti e poi si è "fatto prendere la mano", Lewis invece fingeva di scrivere per i bambini per traferire un preciso messaggio allegorico agli adulti. Non è un caso che abbia citato Tolkien in relazione a Lewis perchè il carteggio intervenuto tra questi due grandi autori della fantasy moderna è davvero illuminante. Lewis ha cercato per anni di convincere Tolkien che lo scopo della Fiaba fosse quello di trasmettere dei valori morali tramite un allegoria.

Ritornando all'allegoria che sottende il romanzo, è evidente che Aslan sia la forma incarnata del Cristo nell'universo di Narnia. L'amore e la fiducia che i bambini di volta in volta pongono in Aslan fà si che Aslan stesso si trovi in condizione di sconfiggere il male. Non faccio mistero del fatto che non apprezzo le religioni istituzionalizzate in genere e questo romanzo tanto/troppo cattolico in un paio di punti mi ha irritato. D'altro canto, le descrizioni sono spettacolari ed in ogni pagina c'è una novità, una scenario grandioso che vale la pena essere letto. Le parti troppo moraleggianti si possono sopportare in cambio della bellezza delle descrizioni.

Dei sette romanzi il primo (The Magician's Nephew) e l'ultimo (The Last Battle) sono decisamente i più allegorici. Tanto è vero che nel primo vi è la creazione di Narnia dal canto di Aslan (Genesi) mentre nell'ultimo c'è la fine di Narnia ed il giudizio di tutti gli abitanti di Narnia stessa (Giudizio universale ed Apocalisse). Nonostante questo sono abbastanza godibili, decisamente non i migliori del ciclo.

Il secondo (The Lion, the Witch and the Wardrobe) è, IMHO, il migliore. Un misto di aspettativa, incanto, battaglie ed eroismo. Il ruolo di Aslan è comunque fondamentale ma in fondo sono gli abitanti di Narnia a sconfiggere la malvagità e non il divino. Il terzo romanzo (The Horse and His Boy) è molto bello e fà eccezione alla regola generale dell'intervento divino che
convochi degli eroi extra-mondani a risolvere le beghe di Narnia. Credo che sia quello dei romanzi in cui i protagonisti sono meglio caratterizzati.

Il quarto (Prince Caspian) è caratterizzato da una certa meccanicità, Lewis ha stabilito un piano ed un metodo di lavoro. Per quanto sia uno dei più belli del ciclo, è un pò rovinato dall'essere un romanzo di mestiere.

Il quinto (The Voyage of the Dawn Treader) ed il sesto (The Silver Chair) sono carini ma decisamente sotto la media del ciclo. Il quinto in particolare è molto lento e troppo lungo, credo che Lewis si sia fatto prendere la mano nel voler aggiungere meraviglie su meraviglie ad ogni nuova isola "allungando troppo il brodo".

Voglio conludere segnalandovi quella che sencondo me è la scena più bella dell'intero ciclo. Quella in cui il "professore", insegna a Peter e Susan a giudicare le affermazioni delle persone in base alla credibilità delle persone stesse e non in base alla incredibilità delle affermazioni. Una verità semplice ma fondamentale che, ahime, tendo a dimenticare spesso.

LLP, Andrea

P.S. Mentre facevo un controllo incrociato sui titoli originali dei sette romanzi ho scoperto una cosa che mi ha chiarito molte cose sul ciclo. I sette romanzi non sono stati scritti nell'ordine in cui li ho letti. Ad un certo punto gli editori hanno cominciato a pubblicarli in ordine "cronologico" invece che nell'ordine in cui l'autore li ha scritti. Non a caso avevo abinato il primo ed il settimo romanzo che, ho scoperto dopo, sono stati scritti praticamente assieme.

L'ordine originale dei romanzi è:
  1. The Lion, the Witch and the Wardrobe (1950)
  2. Prince Caspian (1951)
  3. The Voyage of the Dawn Treader (1952)
  4. The Silver Chair (1953)
  5. The Horse and His Boy (1954)
  6. The Magician's Nephew (1955)
  7. The Last Battle (1956)