lunedì, settembre 25, 2006

[curiosità] Da staccare

Ieri mi è capitata tra le mani una copia di uno di quei giornali dei programmi televisivi, di quelli particolarmente orientati al pettegolezzo. Sulla copertina campeggiava il titolo seguente:
DA STACCARE: La trama del libro di Silvio Muccino.
Sono rimasto un attimo perplesso prima di vedere il fondo dell'abisso di degradazione in cui siamo caduti.

Non solo [noi, gli italiani] non troviamo più il tempo di leggere, non abbiamo più l'abitudine di leggere ma adesso troviamo normale STACCARE, leggere e, magari, conservare il riassunto del libro/moda del momento?

Altro che scrivere un blog in cui commentare i libri che si sono letti.

Depresso, Andrea

venerdì, settembre 01, 2006

The man who fell to Earth - Walter Tevis

AutoreWalter Tevis
TitoloThe man who fell to Earth
Titolo ItalianoL'uomo che cadde sulla Terra
Anno1963
GiudizioBen caratterizzato ma un po' troppo "alieno"

La storia di per se è molto semplice: un alieno scende sulla Terra con la missione di mescolarsi ai terresti (che conosce solo attraverso la televisione), divenire ricchissimo e costruire un'astronave che gli consentirà di portare sulla Terra gli ultimi superstiti della sua razza antica e "superiore".

Come spesso accade la trama del romanzo è secondaria allo scopo dello stesso. Quello che conta nella storia è l'interazione, anzi la non interazione, tra l'alieno e l'umanità. Centro dell'opera sono la solitudine e l'alienazione dell'alieno che non riesce a trovare nell'umanità stimoli ed empatia tali da sopportare la vita.

Il motivo per cui questo libro è tanto famoso tra i lettori di fantascienza è l'eccezionalmente ben descritta figura del protagonista: l'alieno che attraverso vari stadi di decadenza progressiva cadrà nella depressione e nell'alcolismo e negherà ad entrambi i popoli (gli antheani ed i terresti) l'ultima speranza di sopravvivenza. Nonostante il fatto che la descrizione del protagonista sia davvero ben realizzata ci sono due cosette che secondo me rovinano l'opera: l'alcolismo e la mancanza di descrizione degli antheani.

L'alcolismo è, per fortuna, ancora un problema molto più statunitense che nostrano. Non rientra (rientrava?) nella nostra cultura mediterranea l'istupidirsi con i liquori, per cui mi risulta difficile immedesimarmi in una società dove questo sia cosi facile e "normale". D'altro canto l'esperienza di alcolista dell'autore dev'essere stata fondamentale nella definizione del personaggio, per cui non credo se ne potesse fare a meno.

Viceversa la causa scatenante della depressione è sfumata e non sufficientemente definita. Si intuisce che molto, forse tutto, dipende dalle differenze culturali tra antheani e umani ma non c'è una descrizione di queste differenze. Come posso immedesimarmi in un personaggio che non fa altro che ripetere: "si fidi di me, noi antheani siamo enormemente superiori ma nonostante questo ..." ma non spiega perché. Non c'è confronto, non c'è motivazione, non c'è progressivo instaurarsi della difficoltà. L'autore è troppo concentrato sulla descrizione degli stati d'animo e sugli effetti della depressione e dell'alcolismo per concentrarsi sulle motivazioni del personaggio. Forse però è solo una mia illusione che un “depresso” debba avere, almeno all'inizio, una motivazione logica per sentirsi triste.

A peggiorare le cose c'è il fatto che l'autore descriva gli umani come una società irrecuperabile ed incapace di salvarsi da sola. Io sono un ottimista inguaribile, ho una grande fiducia nelle capacità di auto-conservazione dell'umanità. Peccato che Tevis sia morto prima di vedere la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda che secondo Newton (l'alieno) ci avrebbe portato all'estinzione in pochi anni.

Alla fine della lettura avevo la sensazione di avere tra le mani un opera scritta benissimo ma nella quale non ero riuscito ad immedesimarmi e dal messaggio irritante. Decidete voi se questo è un consiglio a leggere l'opera o a lasciarla perdere.

LLP, Andrea